venerdì 18 giugno 2010

A Timisoara, la fuga degli italiani lascia le fabbriche vuote

Le bandiere, italiana e rumena, sventolano, una accanto all’altra. E già a centinaia di metri si legge la scritta “Incontro”, stampata a caratteri cubitali. Dietro questo monumentale arco d’ingresso si sviluppa la più grande area industriale di Timişoara, realizzata da italiani, la società Incontro Prefabbricati, per l’appunto, costola rumena del gruppo Lombarda di Montichiari provincia di Brescia. A giudicare dal numero dei capannoni, alle 15.30, orario di fine turno, dovrebbe esserci un gran movimento. Invece, dai piazzali i pullman se ne vanno via mezzi vuoti. Tra i lavoratori mancano all’appello, infatti, sicuramente i novecento dipendenti della Technic Development, la fabbrica rumena del produttore italiano di scarpe Geox. A giugno del 2009 l’azienda che con un fatturato di oltre 35mililioni di euro realizzava il 5% della quota complessiva delle “scarpe che respirano” vendute nel modo, è stata ceduta alla Vt Manufacturing, un fornitore di Geox. Il proprietario, un italiano, Vincenzo Tagliaboschi si era impegnato a riassumere tutto il personale. Dopo quasi un anno, non c’è più nessuno. «I dipendenti Geox? Sono andati via tutti. Spariti.», allarga le braccia il custode.

L’uscita di scena di Mario Poletti Polegato, avvenuta senza grandi clamori, segna la fine di un’epoca. Con il suo arrivo in Romania, la delocalizzazione del distretto calzaturiero di Montebelluna, iniziato negli anni ’90, aveva fatto un salto di qualità.

«I produttori di scarpe veneti, soprattutto della provincia di Treviso, furono i primi ad arrivare, subito dopo il crollo del regime di Ceauşescu e l’apertura delle frontiere – spiega Alessandra Scroccaro, giovane ricercatrice veneta che per l’università di Montpellier sta studiando gli investimenti italiani nella regione –. Ma sono stati anche i primi ad andarsene». La fuga sarebbe cominciata, infatti, già tre anni fa, anche se i dati ufficiali mostrano, al contrario, un piccolo ma costante aumento delle imprese italiane. «Quei numeri non sono attendibili, perché comprendono anche società fasulle nate solo per operazioni immobiliari - sostiene Gianluca Testa, 49 anni, ex responsabile in Romania della fabbrica di elettrodomestici Zoppas, ora manager di un’azienda di elettronica italo-inglese. «La verità è che nel 2007 con l’ingresso in Europa della Romania, la manodopera qualificata è emigrata in Italia, Francia, Germania e i salari dei lavoratori rimasti nel loro paese sono aumentati. Chi era venuto qui in cerca forza lavoro a basso costo o ha chiuso o è andato altrove, in Ucraina, nella Repubblica moldava. Ora per Timişoara è il momento delle grandi multinazionali. Ma gli italiani non sono più della partita».

nella foto: un pullman davanti all'ex stabilimento Geox di Timisoara

pubblicato su Avvenire, 30 maggio 2010

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