mercoledì 7 luglio 2010

Carcere, emergenza continua

Dopo le innumerevoli denunce delle organizzazioni di volontariato, delle associazioni di tutela dei diritti civili, dei direttori e degli agenti penitenziari, all’inizio di gennaio anche il capo del governo, Silvio Berlusconi, aveva riconosciuto che «la situazione nelle carceri è diventata intollerabile» e aveva annunciato al termine del primo consiglio dei ministri dell’anno il varo «di un piano per affrontare l’emergenza in modo definitivo». Da allora sono passati sette mesi, la popolazione carceraria nel frattempo ha raggiunto il record storico di 68.027 detenuti (secondo il Sappe), il numero dei suicidi ha toccato quota 32, altro primato. Tuttavia, quel piano è rimasto bloccato dai mal di pancia interni alla maggioranza.

Ora le possibilità che passi il ddl Alfano, che concede i domiciliari a chi deve scontare un anno di pena, restano appese ad un filo. Il problema a questo punto non è politico (almeno non solo), ma più strettamente economico. Per decidere, infatti, se proseguire l’esame in sede legislativa (ed evitare un passaggio in aula che richiederebbe troppo tempo), la Commissione Giustizia della Camera attende di sapere se c’è o no la copertura finanziaria per l’assunzione di nuove forze di polizia, una misura chiesta dalla Lega come condizione per dare il proprio assenso. Trovato il punto di mediazione politica, dunque, adesso bisogna trovare anche i soldi per realizzare un provvedimento che il ministro dell’Interno, il leghista Roberto Maroni, definì «peggiore di un indulto». Se, invece, non salteranno fuori i quattrini, difficilmente si potrà arrivare ad un conclusione prima della pausa estiva dei lavori parlamentari. Uno slittamento che avrebbe conseguenze drammatiche per le condizioni di vita reali delle persone in carcere, come denunciati già a giugno da Caritas Ambrosiana, che pur esprimendo qualche riserva su alcuni punti, aveva chiesto di approvare in fretta il decreto Alfano e dare un po’ di sollievo a una situazione che «col caldo estivo rischia di esplodere». Un dramma sottolineato, più recentemente, anche dallo stesso Papa durante il suo incontro con i rappresentanti dei detenuti di Sulmona, il carcere che vanta il triste primato dei suicidi dietro le sbarre.

Difficile pensare però che “il governo del fare” faccia qualcosa per le carceri prima che i parlamentari se ne vadano al mare . Per dare, tuttavia, un segnale di vitalità il ministro ha annunciato la costituzione di un’agenzia di collocamento per detenuti ed ex detenuti. L’iniziativa già sperimentata in Sicilia verrà estesa ad altre quattro regioni (Campania, Lazio, Lombardia e Veneto), coinvolgerebbe 6mila detenuti con un fine pena massimo di tre anni. Costoro sarebbero avviati e alla formazione e al lavoro esterno al carcere: 1100 nelle cooperative sociali, 150 nelle imprese, 550 avrebbero un contratto da dipendenti. Peccato che di registri, come quelli annunciati, in realtà già ne esistono diversi e fino ad ora sono serviti a ben poco.

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